giovedì 23 ottobre 2014

Il "Lottatore da strada" vs L'Artista marziale

di Ric Pascetta
Shihan Ric Pascetta

Vi siete mai posti la domanda di quale sarebbe il risultato in un combattimento tra una “lottatore da strada” e un artista marziale? Mi sono sentito fare questa domanda in molte occasioni insieme al conseguente dibattito che in genere il quesito scaturisce. Nell’articolo che segue, proverò a far chiarezza su questa annosa questione.
Nel corso della mia carriera professionale, che mi ha visto impegnato in vari ruoli: artista marziale, direttore nella Sicurezza operativa e di consulenza, ufficiale di polizia, e anche come privato cittadino, ho avuto l’opportunità di osservare, e registrare varie situazioni che mi hanno dato una prospettiva che va aldilà della semplice speculazione o teoria.
In qualsiasi modo vogliamo affrontare o approfondire questo argomento, dobbiamo partire comunque da un dato di fatto, primo: lo scontro di vita reale è di solito una questione fra chi vi partecipa e fattori logistici che ne possono influenzare i risultati.
Se cominciamo a cambiare queste variabili, allora anche il risultato è destinato a cambiare. Pertanto, è importante partire dalla consapevolezza che le nostre conclusioni sono più una questione di probabilità, piuttosto che una realtà concreta. Sarebbe un errore presumere che, ipoteticamente, questi risultati rimanessero gli stessi in una o in tutte le occorrenze.
Un esempio che spiega questa logica potrebbe essere il seguente: un guidatore, per ipotesi, fa la scelta ponderata di passare ogni semaforo con il rosso, questo non è garanzia che ci sarà un incidente ogni volta che correrà questo rischio. Tuttavia, questo comportamento aumenta notevolmente le “probabilità” che venga coinvolto in un incidente. Questo contrasta con un conducente che invece si premura di fermarsi a ogni semaforo rosso. La verità è che, in realtà, è possibile per il guidatore rischioso di non fare mai un incidente, ma è giustificata la probabilità che essi accadano. Perciò, dobbiamo sempre considerare i risultati improbabili ma anche quelli probabili.

Il Lottatore da Strada

Prima di continuare è il caso di definire quali sono, generalmente, le caratteristiche che definiscono un comune “lottatore da strada”. Bisogna sapere che varianti in queste caratteristiche, possono facilmente cambiare i risultati finali. In genere immagino un “lottatore da strada” come un combattente un po indisciplinato, senza regole, un istintivo non strutturato, un combattente a mano libera.
Quando facciamo riferimento a questo termine, intendiamo in particolare le seguenti caratteristiche:
1.) Una persona che ha un limitato o nessun addestramento formale nelle arti marziali.
2.) Una persona che ha esperienza di lotta in vita reale, con scontri fisici per le strade (non controllati) in un ambiente non sportivo
3.) Una persona che ha vissuto in un ambiente in cui gli scontri fisici sono una parte normale e necessaria del suo meccanismo di sopravvivenza.
Supponendo che il nostro ipotetico “lottatore” possieda tutte queste caratteristiche, allora possiamo cominciare ad esaminare le cose che lo avvantaggeranno in uno scontro. Uno degli elementi più significativi per una persona che è stata collocata in un ambiente di “sopravvivenza “, è che deve dipendere dai sua attributi mentali, emotivi e fisici per avere successo, questo individuo ha già esperienze in qualche misura, che lo portano ad avere una mentalità da” guerriero “. Parte di questa mentalità, è l’accettazione del fatto che egli è responsabile della sua stessa vita, indipendentemente delle variabili e al di là della regolare protezione o delle regole della nostra società.
Non ci sono regole in “guerra”. Con questo, non intendo dire che nella società non esistano regole, ma in un contesto di ”sopravvivenza da strada” dobbiamo accettare il fatto che la definizione di comportamento “criminale” si riferisce appunto, ad individui che agiscono al di fuori delle regole. In questo contesto e in queste evenienze, ogni individuo è potenzialmente messo in una situazione dove il suo avversario difficilmente seguirà queste “regole”. La “mentalità da guerriero” alla quale mi riferisco, è semplicemente quella in cui un individuo è consapevole di questa situazione e capisce quando e dove è il momento di applicare questa mentalità di ”sopravvivenza”.

I vantaggi del lottatore

Uno dei vantaggi della “lottatore da strada” è che per lui non è importante pensare alle conseguenze della sua azione lì nell’ immediato. Questo gli permette di essere più spontaneo e meno prevedibile in contrasto con il comportamento della maggioranza dei cittadini più responsabili che si preoccupano delle eventuali conseguenze di un confronto, prima di chi “vincerà”.
La mancanza di preoccupazione diventa sia un vantaggio che uno svantaggio per il “lottatore da strada”. Anche se può dare un netto vantaggio nell’immediato, può essere estremamente dannosa per la sua “sopravvivenza” a lungo termine, sia nella società che legalmente.
Il vantaggio deriva dalla mancanza di esitazione. E’ questa spontanea e sorprendente risposta all’inizio dell’azione che gli dà facilmente un vantaggio in un confronto fisico. L’apparente mancanza di inibizione ad agire con violenza può anche avere un effetto travolgente sulla maggior parte degli avversari.
Un secondo importante vantaggio, della maggior parte dei “lottatori da strada”, è l’avere pratica con il contatto fisico nel corso dei confronti corpo a corpo. Non c’è niente che può sostituire la vera esperienza di un contatto fisico reale, per imparare l’efficacia o no di un gesto offensivo o difensivo. Inoltre, se una persona non è mai stata spinta, tirata, colpita, tirata giù in maniera vigorosa, figuriamoci allora, questo tipo di esperienza che effetto psicologicamente debilitante avrà durante uno scontro fisico di vita reale.
Il terzo,e il più forte vantaggio della maggior parte dei “lottatori da strada”, è lo “spirito” di combattere “fino alla fine” a non rinunciare a prescindere dagli svantaggi. Questa “sopravvivenza” mentale (che è parte della “mentalità del guerriero” descritta in precedenza) può facilmente essere l’elemento determinante in un confronto così stretto tra due individui.
Il quarto vantaggio è la probabile imprevedibilità di molti “lottatori da strada”. Questo elemento può spaziare dall’ imprevedibilità della tecnica, della tattica o della strategia. Il vantaggio della sorpresa può essere usato come difesa contro un individuo più impegnativo.
Gli svantaggi del lottatore
Gli svantaggi per il “lottatore da strada”, sono i seguenti:
Primo, molti di questi combattimenti sono inutili. Questo vale per la stessa logica che abbiamo usato prima nel descrive il “guidatore” che rischia inutilmente e ripetutamente durante la guida. Anche se queste molteplici esperienze, effettivamente possono aumentare l’abilità individuale, allo stesso tempo la probabilità di fallire, a un certo momento, aumenta con la frequenza ripetuta.
Secondo, molti combattimenti iniziano per motivazioni emotive : ego ferito, orgoglio, paura, vendetta, o altro. Questo porta alla tendenza di agire guidati dall’ emozione. Mentre da una parte, le emozioni sono in grado di fornire una gran quantità di energia ad un combattente, d’altra parte, possono anche bloccare la capacità di agire razionalmente e in modo pratico. Questo può accecare l’individuo, può non farlo andare al di là di ciò che è pratico o necessario in quel momento, lasciando se stesso più vulnerabile alla sconfitta.

L ‘Artista Marziale

Devo innanzitutto definire, anche in questo caso, le caratteristiche alle quali fare riferimento quando usiamo il termine “artista marziale”. Poiché questo è un termine generico, che comprende tante discipline diverse, diventa arduo definirlo con chiarezza. Allora, inizio con alcune caratteristiche generali per poi separarle in più specifiche, in particolare quelle che possono fare la differenza nell’esito del nostro ipotetico “scontro”.
Ecco un elenco di caratteristiche generali di un “artista marziale”:
1.) Una persona che ha avuto una formazione significativa (almeno 3-5 anni continui) in almeno una delle molteplici discipline delle AM.
2.) Una persona che è stata addestrata fisicamente , intellettualmente, emozionalmente e spiritualmente nella sua disciplina di AM.
Di seguito elenco alcune caratteristiche significative, che possono essere varianti legittime, e anche se non sempre coesistono tra gli operatori delle AM, tuttavia, hanno un effetto diverso sul risultato di uno scontro nella vita reale:
1.) L’esperienza di un contatto fisico progressivo durante l’allenamento, che può variare dal contatto pugilistico, alle alzate, alle prese a terra.
2.) L’esperienza di incontri competitivi nel proprio settore di formazione. Questo può variare da un esercitazione non competitiva nel dojo, al contatto completo in una vera e propria competizione sportiva.
3.) Allenamento per l’ atteggiamento mentale/psicologico e la “mentalità di sopravvivenza” nel combattimento.

I vantaggi dell’Artista Marziale

Uno dei principali vantaggi del combattente AM, è quello di essere potenzialmente un “combattente ” più disciplinato. In particolare, potere non sprecare energia fisica, mentale ed emozionale, permette a questi combattenti di aumentare il loro potenziale in uno scontro fisico.
I principi alla base della maggior parte dei sistemi di AM, insegnano a risparmiare energia nei movimenti. Le AM insegnano, in generale, che allineando fisicamente i vari sistemi del corpo (muscolare e scheletrico), e centralizzando l’energia nervosa, emotiva e spirituale, si ottiene più potere della forza che può essere generata da una persona con una dimensione e statura molto elevata. Inoltre, l’applicazione dei principi intellettivi del caso, oltre alle tattiche e alle strategie, possono fornire un vantaggio su un individuo non allenato, che più probabilmente reagirà, invece che essere propositivo.
Il secondo vantaggio è la fiducia che ottiene il professionista delle AM quando raggiunge con successo obiettivi progressivamente più difficili. Nella maggior parte della formazione degli AM, questi obiettivi in genere partono dal fisico per arrivare all’intellettuale ed emotivo.
Va notato che più pratici e realistici sono gli strumenti raggiunti nell’abilità fisica, più stabile e più forte sarà la fiducia intellettuale ed emozionale. La mia idea è che, i programmi di AM che insegnano tecniche di difesa irrealistiche o forniscono agli studenti prospettive irraggiungibili, hanno poche probabilità di successo e portano facilmente lo studente a un drammatico fallimento di fronte a incontri di vita reale.
Un terzo vantaggio per l’AM, è la condizione fisica in termini di forza, resistenza cardio-vascolare, flessibilità, velocità, forza esplosiva che viene data da un costante allenamento in un periodo prolungato di tempo. Ogni atleta, dal dilettante al professionista, può confermare l’aumento della fiducia che gli viene quando è in ottime condizioni fisiche. In particolare in uno scontro con tempi lunghi, questa condizione svolge un ruolo importante.
Il quarto vantaggio è più esoterico e molto più difficile da misurare. E’ quello della morale umana. Che questa morale derivi da una fede spirituale o da uno spirito umano buono e sia radicata in sani principi, farà la differenza, perché questa persona si difenderà per legittima difesa.
Ho personalmente assistito a situazioni in cui, alcune persone, hanno superato gli avversari con grande superiorità fisica, soprattutto grazie alla loro forte convinzione che stavano difendendo ciò che era “giusto” nei loro cuori o menti. Questo elemento è sicuramente il “fattore X” che gioca un ruolo importante in ogni scontro fisico.
Per essere più preciso, al combattente delle AM viene insegnato a combattere solo quando è necessario e in genere per un fine altruistico. La frase: “la forza per diritto”, è stata scritta da un famosissimo maestro, Socrate, quindi è da sciocchi sottovalutare le potenzialità di un individuo che sta difendendo i suoi figli, il coniuge, la famiglia, o un’altra persona o anche semplicemente un principio che sente essergli caro.
Inoltre, il combattente di AM istruito correttamente, non si estenderà nella lotta al di là del minimo necessario per porre fine alla minaccia. Questo è un principio sia morale che giuridico. Una volta che il combattente delle AM arriverà ad andare oltre questa restrizione di sé, perderà ogni vantaggio spirituale.

Gli svantaggi dell’Artista Marziale

Il primo svantaggio del combattente di AM può essere la possibile mancanza di esperienza proprio in queste situazioni di “sopravvivenza”. La sopravvivenza da strada è nettamente diversa da quella della competizione sportiva in cui, indipendentemente da quanto contatto sia permesso, esistono regole, e l’arbitro a un certo punto può fermare la lotta. Comunque questa è una mentalità che può essere acquisita, ma deve essere creata nel tempo e con molta esperienza.
Purtroppo, c’è l’illusione che il combattimento “full contact” nelle AM sia realtà. Anche se è certamente molto più vicino alla realtà di una finta disputa, nelle competizioni sportive delle AM non esiste un vero “contatto pieno”. Finché ci saranno i guanti e le regole non potrà mai esserci un “contatto” totale. Resta ancora un ”contatto limitato” a prescindere da quanto estenuante o rude sia lo scontro anche nel rispetto delle regole.
Un secondo svantaggio può essere la tendenza per i combattenti più allenati a seguire schemi determinati e prevedibili quando litigano. Questa tendenza verso la prevedibilità può dare a qualunque avversario, un vantaggio tattico. Con una giusta preparazione il combattente delle AM può imparare ad essere più consapevole di questa prevedibilità e superarla con alcuni esercizi specifici.
Il terzo, e a quanto pare il più comune svantaggio, tra i molti combattenti delle AM, è l’irrealistica conoscenza di come mettere in pratica le tecniche acquisite durante i loro studi. Calci e pugni tirati in aria, sul legno o su mattoni non possono sostituire avversari reali. “Dispute” con partner che non si toccano mai, bastano a creare illusioni che possono rapidamente trasformarsi in una sconfitta negli scontri reali.
A meno che, la preparazione dell’AM non includa livelli progressivi di contatto, di interazione con il partner (da cooperativa a non-cooperativa a competitiva), o includa vari gradi di versatilità nella tecnica (vale a dire non solo limitata a calci, pugni, prese, ecc ),ci saranno gravi lacune nel combattente AM per adattarsi agli incontri della vita reale.

Confronti

Per molti aspetti sembra che il “lottatore da strada” abbia il sopravvento, se non altro, perché è nel suo ambiente di vita quando si trova, appunto, in uno scontro da strada. Sembra quindi, che al combattente delle AM, per prevalere, non resti che approfittare delle debolezze della lottatore da strada. Il vantaggio della grande imprevedibilità del LS può essere superata, con fiducia e pazienza. Questo perché anche se il LS è in genere più “selvaggio” nel suo attacco o risposta, questi movimenti sono in genere meno efficienti e ci sono grandi “buchi” dove l’ AM potenzialmente può intervenire e contrastare o a chiudere decisamente lo scontro.
Il più grande vantaggio che il combattente delle AM può ottenere, si verificherà solo se egli sarà in grado di mantenere la mente chiara e muoversi in maniera decisiva. E’ anche di primaria importanza per ogni combattente delle AM imparare e sviluppare una “mentalità di sopravvivenza”. Il lottatore da strada non ha il monopolio su questo elemento, anche se questa caratteristica è più innata in lui per i motivi che ho prima specificato.
Con tutti i fattori aggiunti, di un combattente delle AM, risulta che egli ha le migliori possibilità di vincere, ma solo se la sua formazione sarà stata orientata verso un’ applicazione realistica.

Conclusioni

L’obbiettiva verità è che, anche se ci sono grandi vantaggi derivati dallo studio, dalla preparazione e dall’ apprendimento realistico delle tecniche Marziali, ha comunque senso dire che, se gli artisti marziali avessero l’opportunità di sperimentare la “strada” potrebbero godere appieno dei benefici dei due mondi. Accade come nella formazione scolastica, dove è giusto studiare i primi rudimenti e teorie in aula, ma si sa che si comincia davvero a imparare quando si pratica dentro il giusto posto di lavoro.
Quindi, la risposta più onesta alla nostra domanda di partenza è che non c’è una risposta assoluta! Come accennato nel passaggio all’inizio di questo articolo, ogni confronto avviene in definitiva tra due partecipanti ed è soggetto alla logistica di quello specifico scontro.
Anche nelle competizioni sportive, un “campione” è solo il campione del suo ultimo incontro. Un campione del mondo è soltanto campione del mondo fino a che non difende ancora una volta il titolo. Come artisti marziali, è importante essere onesti con noi stessi e affrontare la realtà. Noi non siamo invincibili, non importa quanto sia duro l’allenamento o con quale grado di approfondimento ci stiamo preparando.
E’ importante notare, che la mia mentalità di sopravvivenza, non include l’accettazione letterale della sconfitta. Personalmente, non ho mai iniziato uno scontro senza avere prima la visione chiara che ne sarei uscito vittorioso, perché la logica della mia mente, sa che a un certo punto arrivo a un limite. Questo perché sono un essere umano.
Comprendere questo sarà una buona base per le premesse filosofiche che formano un AM. La nostra prospettiva di “vittoria” deve essere molto più ampia rispetto alla vincita di un incontro particolare e va oltre la nostra stessa vita. Parte di questo è l’accettazione che tutti noi moriremo prima o poi, che sia in combattimento o per cause molto meno drammatiche.
Pertanto, è molto più importante come viviamo le nostre vite, come tocchiamo le vite delle persone intorno a noi, e il modo con il quale accettiamo e persino abbracciamo la nostra stessa mortalità. Questa è la vera “vittoria” del “vero artista marziale” e questo è stato ribadito in molte forme e in molte culture in tutto il mondo.
Così, anche se può essere interessante e anche un po’ divertente la discussione su “che batterà chi”, la sostanza rimane sempre la stessa. E’ il modo nel cui conduciamo la nostra vita nel tempo assegnatoci qui che ha più importanza, no qualche confronto consequenziale né qualche battaglia particolare. Questa è la vera essenza delle arti marziali e dal modo in cui vivremo questi standard acquisiremo il potenziale per essere più che vincitori!

fonte: http://ricpascetta.com/2010/08/06/il-lottatore-da-strada-vs-lartista-marziale-2/?lang=it

domenica 12 ottobre 2014

Arte della guerra o arte della vita?


"Il più grande condottiero è colui che vince senza combattere" - Sunzi
L'arte della guerra

Le arti marziali da sempre attraggono l'Uomo, ma non sempre gli uomini ne colgono la profonda e reale essenza. In questo post, allora, si cercherà di offrire al lettore degli strumenti affinché questi possa trarre il significato di tale essenza. Da un punto di vista semantico, arte marziale significa arte della guerra o arte guerriera. Notiamo l'accostamento dei due termini, "arte" e "guerra". Quando si pensa a qualcosa di brutale come la guerra è molto difficile affiancargli il termine "arte". In genere si è spinti a concepire l'arte come il gesto creativo attraverso il quale un pittore dipinge un quadro, un compositore realizza una sinfonia o un poeta mette insieme delle strofe affinché queste formino una poesia. Se analizziamo ancora più a fondo il significato di "arte", allora ci rendiamo conto che la linfa vitale attraverso la quale l'arte si manifesta consiste nella volontà di quel pittore, compositore o poeta di trasmettere il suo stato emotivo, ciò che egli vorrebbe comunicare nel momento della creazione della sua opera, attraverso l'opera stessa. Creare arte, allora, significa plasmare un mezzo che, essendo in grado di comunicare dei sentimenti o dei pensieri, assume vita propria. In sintesi, creare arte corrisponde a creare la vita. La guerra, al contrario, si ottiene attraverso un atto distruttivo, che cancella la vita, lasciando solo cenere. Come è possibile, dunque, che siano stati creati dei sistemi di combattimento che al tempo stesso pretendono di possedere un'essenza artistica? Come è possibile accostare vita e morte in tal modo? Se l'arte è la vita hanno un legame così stretto, allora è possibile rendere la vita stessa dell'Uomo una vera e propria opera d'arte?
In questo post si è scelto di prendere il Gong Fu cinese come punto di riferimento per cercare di rispondere a questi interrogativi, dato che, a mio parere, il Gong Fu rientra fra quei sistemi di lotta che incarnano maggiormente l'associazione dialettica "arte-marziale".


La nostra indagine inizia andando ad analizzare il contesto storico che ha condotto l'Uomo a sviluppare e diffondere i vari stili di arti marziali, non solo in Cina, ma ovunque fosse necessario.
La conoscenza bellico-combattiva di ogni popolo ha origini molto primitive e istintuali, basate principalmente sulla necessità di difendere le risorse necessarie per la propria sopravvivenza. Il combattimento, che successivamente ha condotto allo sviluppo delle dinamiche della guerra, è infatti uno dei principali aspetti al quale l'Uomo ha dovuto ricorrere per la propria affermazione come specie dominante. Agli albori della storia umana l'accesso alle risorse basilari, quali cibo e acqua, non era di immediata fruizione, come avviene oggi nei Paesi industrializzati. A queste risorse, dunque, veniva attribuito un valore inestimabile tanto da dover essere protette dalle razzie dei predoni che volevano impossessarsene. A loro volta i razziatori non si facevano scrupoli nel togliere la vita a chi si opponeva fermamente alla sottrazione dei preziosi beni vitali. Originariamente, dunque, prima ancora che nascessero le civiltà organizzate, ciò che più contava per l'Uomo era combattere per il cibo e l'acqua, non per il potere o la ricchezza. Proteggere le risorse equivaleva ad assicurare la sopravvivenza della propria famiglia e del proprio clan. In sostanza, in questi tempi era necessario preservare la vita. Questo è stato il primo leitmotiv che ha spinto gli uomini a combattersi gli uni contro gli altri. In tale contesto sono nate, per necessità, le tecniche di autodifesa. Prima di poter proseguire, a questo punto, bisogna aprire una parentesi ed analizzare in cosa consiste l'autodifesa, in modo che si avrà, successivamente, un'idea un po' più precisa sulle modalità secondo le quali le arti marziali cinesi ed i loro principi si sono sviluppati.
La teoria dell'autodifesa è semplice. Da un lato si basa sullo studio di metodi efficaci e veloci per poter affrontare una colluttazione fisica, armata o a mani nude, con successo ed efficacia. L'utilizzatore delle tecniche deve essere in grado di concludere il confronto fisico nel minore tempo possibile, riportando lievi, o evitando del tutto, danni fisici. Dall'altro lato l'autodifesa va ad interessare le sorti dell'aggressore, il quale a seguito delle tecniche ricevute, può accusare delle conseguenze fisiche, ma non tali da risultargli fatali, nella maggior parte dei casi. L'autodifesa si basa, quindi, sulla capacità di potersi difendere da un attacco fisico e allo stesso tempo di ferire l'aggressore tanto quanto basta per porre fine a tale aggressione. Questo fa capire come lo scopo primario dell'autodifesa non sia togliere la vita, ma bensì cercare di preservarla, da ambo le parti.


Tornando alla nostra analisi storica, adesso è arrivato il momento di rivolgere lo sguardo alle origini delle arti marziali cinesi. La nascita della civiltà cinese ebbe inizio con la compresenza di diversi regni che si combatterono per secoli. Questi regni formarono degli eserciti che adattarono alle esigenze di guerra le tecniche di auto-difesa già sviluppate e sperimentate dalle comunità precedenti. Questo fece nascere dei veri e propri sistemi di combattimento, sia a mani nude, che con le armi soprattutto. Man mano, poi, che la conoscenza dei metalli migliorava, e di conseguenza la fattura delle armi stesse, fu possibile affinare notevolmente le tecniche che prevedevano l'uso di spade, lance, alabarde, coltelli, e ogni sorta di arma da taglio. Il modo peculiare e certosino col quale questi sistemi di combattimento vennero affinati ha fatto di loro dei veri e propri stili.
Giunti a questo punto, si può elaborare una similitudine. Così come un pianista necessita di anni di lunga pratica sulla tecnica di pianoforte, prima di poter comporre delle melodie che penetrino nell'anima dell'ascoltatore, allo stesso modo i soldati necessitavano di lunghe ore di pratica delle tecniche marziali, prolungata per anni e anni di duro addestramento, prima di raggiungere la massima maestria in questi stili, ed essere poi in grado di utilizzare efficacemente le tecniche apprese, sul campo di battaglia.
Restando su questo tema, andiamo ad analizzare il significato del termine Gong Fu, col quale generalmente ci si riferisce all'insieme delle arti marziali cinesi. Letteralmente il termine Gong Fu significa "energia (Gong) tempo (Fu)", e sta ad indicare tutta quella serie di attività o discipline nelle quali per eccellere è richiesta una grande quantità di dedizione e lavoro. Tornando all'arte, allora, possiamo osservare come tutte le discipline artistiche richiedano il Gong Fu per poter essere espresse al massimo livello. Questo può avvenire col pianoforte così come con le arti marziali. Da questo punto di vista, tale considerazione pone le arti marziali cinesi sullo stesso livello di qualsiasi altra forma d'arte.




Come si è detto in apertura, inoltre, l'arte si contraddistingue in quanto portatrice di un'essenza vitale. Le arti marziali cinesi non sono da meno. Nella pratica del Gong Fu cinese, infatti, è previsto lo studio di alcune sequenze di tecniche concatenate. Queste sequenze sono comunemente chiamate forme. Le forme possono essere allenate con o senza armi, a solo o con un partner di allenamento. Lo scopo delle forme è quello di sviluppare nella mente del praticante il senso del nemico, oltre che insegnargli alcuni aspetti tecnici dello stile studiato e il modo in cui le varie tecniche possono essere combinate. Avere il senso del nemico consiste nel far si che durante l'esecuzione dei movimenti previsti dalle sequenze, questi vengano espressi come se si stesse realmente combattendo contro un avversario. Il combattimento viene visualizzato nella mente di chi si esercita nelle forme. Le tecniche presenti nelle forme vengono, inoltre, estrapolate una ad una ed applicate con un partner di allenamento, in modo da capirne affondo il loro senso pratico. Attraverso la coordinazione mente-corpo e lo studio applicativo di tali tecniche, dunque, queste diventano movenze rese vive da colui che le esegue. La presenza di questa essenza vitale nelle arti marziali cinesi, allora, è una chiave di lettura in più che ci permette di comprendere maggiormente la reale natura artistica di questi sistemi di combattimento.



Proseguendo l'indagine storica osserviamo che, verso la metà del VI secolo dopo Cristo, l'imperatore cinese invitò a corte un monaco buddista proveniente dall'India, di nome Da Mo. L'imperatore era curioso di apprendere i principi religiosi professati dal monaco, ma resosi conto di non approvare tali principi, una volta esposti congedò quest'ultimo dalla sua corte. Il monaco, allora, iniziò il suo pellegrinaggio in Cina, fino a quando non raggiunse il monastero buddista di Shaolin. Una volta li, Da Mo osservò che i monaci, a causa delle lunghe ore dedicate alle pratiche meditative, erano gracili e cagionevoli di salute. Questo lo spronò a creare due trattati di Qi Gong che poi trasmise loro, e che li istruiva ad utilizzare l'energia vitale o Qi per migliorare la propria condizione fisica, e al tempo stesso le loro pratiche meditative. Il primo trattato era finalizzato al rafforzamento dei muscoli e dei tendini, e il secondo al prolungamento della vita e al raggiungimento dell'illuminazione spirituale.

Rappresentazione artistica di Da Mo

Oltre a questo, il monastero di Shaolin nel tempo iniziò ad espandersi. Conseguentemente le sue proprietà divennero oggetto di razzie da parte dei predoni. Per gli stessi motivi esposti all'inizio del post, i monaci dovettero sviluppare un sistema di arti marziali per difendere tali proprietà dagli aggressori. I monaci, inoltre, notarono che i principi del trattato sul rafforzamento dei muscoli e dei tendini giovavano anche alle loro tecniche marziali, rendendole più efficaci in combattimento. Il Qi Gong, allora, venne associato definitivamente alla pratica delle tecniche di combattimento. Dall'altra parte, attraverso la pratica dei precetti buddisti, i monaci potettero sviluppare una nuova comprensione delle arti marziali, che non erano viste come uno strumento di offesa, ma bensì come uno strumento per comprendere quanto fragile possa essere l'esistenza umana, e quindi quanto sia importante preservarla, anziché distruggerla. In effetti, in Cina il termine utilizzato per riferirsi alle arti marziali è "Wushu". La parola "marziale" corrisponde al carattere "Wu". Questa parola proviene da altre due parole, "Zhi" e "Ge". "Zhi" significa “fermare”, “far cessare”, mentre "Ge" significa “lancia”, “giavellotto”, quindi si riferisce ad un arma in generale. Da ciò si può comprendere come il significato originario del termine è "fermare o far cessare l’uso di un’arma". "Wushu" significa "tecnica marziale"; quindi possiamo concludere che il significato reale del termine sia “far cessare un combattimento attraverso l’utilizzo delle tecniche”. Questo implica che le arti marziali cinesi raggiunsero un livello che permetteva, a chi ne conoscesse il significato profondo, di poter far cessare o evitare del tutto un combattimento, anziché fomentarlo. Il momento in cui il Gong Fu diviene arte a tutti gli effetti è proprio questo. La pratica marziale diviene un unicum dove espressione fisica, energetica e spirituale si fondono in un unica creatura, viva e preservatrice di vita.

Monastero di Shaolin

Attraverso una breve escursione storica abbiamo visto come le arti marziali cinesi si siano evolute da una semplice ed istintiva necessità difensiva ad un'arte spirituale ricercata e complessa.
Prima di concludere, però, è necessario osservare come ancora oggi, seppur diversamente dall'antichità, sia possibile praticare il Gong Fu rispettando tutti gli aspetti della sua essenza originaria. Oggi il sistema bellico è certamente diverso da quello esistente nella Cina antica. Alle spade e alle lance sono succeduti i fucili e le mitragliatrici. Apparentemente non avrebbe più senso praticare le arti marziali con lo stesso spirito con cui venivano praticate centinaia di anni fa. Allora perché si dovrebbero studiare ancora oggi questi antichi sistemi di lotta? La pratica delle arti marziali tradizionali cinesi, oggi, potrebbe avere un forte impatto positivo sulle nuove generazioni che di anno in anno vanno ad infoltire i ranghi della comunità in cui viviamo. Un impatto di tipo psicologico, formativo, all'interno di una società disorientata, forse dalla perdita di quei valori che un tempo ne costituivano la spina dorsale. Quei valori li possiamo ancora ritrovare nel codice morale delle arti marziali cinesi tradizionali, infatti, e questi sono: Umiltà, Rispetto, Giustizia, Fiducia, Lealtà, Volontà, Resistenza, Perseveranza, Pazienza, Coraggio.
Oggi, purtroppo, quando si pensa alle arti marziali si pensa agli sport da ring come ad esempio il Taewkondo, la Muay Thai, il Karate, etc. Ultimamente si vanno diffondendo sempre più maggiormente le arti marziali miste o MMA. Si tende, quindi, ad associare l'arte marziale al puro combattimento sportivo, che purtroppo, dovendo passare attraverso i filtri dell'attuale società consumistica, dell'intrattenimento e della gloria personale, diventa soggetta a mere competizioni di atleti interessati all'acquisizione di trofei, medaglie e cinture colorate. Questi "guerrieri" moderni, però, hanno perso di vista i reali obiettivi. Forgiano la loro immagine e la loro carriera, dimenticandosi alcuni degli aspetti più coltivati dai loro antenati: l'umiltà, il sacrificio e la comprensione del significato e del valore della Vita.
Questa superficialità, purtroppo sta iniziando ad invadere anche il settore delle arti marziali tradizionali, che sempre più velocemente vanno perdendo la loro originaria profondità, per diventare mere pratiche per il benessere fisico.




Praticare il Gong Fu tradizionale oggi, mantenendone l'essenza originaria, a mio parere significa praticare questa disciplina come una vera e propria arte espressiva del corpo, della mente e dello spirito.
Nel XXI secolo la guerra è di natura psicologica, e viene combattuta nella mente degli uomini. Gli attacchi arrivano dai media e dalla propaganda, che tendono a diffondere paura, odio, rassegnazione e diffidenza tra gli uomini, al fine di fargli perdere il coraggio e la volontà di reagire a qualsiasi tipo di sopruso. L'Uomo, così, si "addormenta" e accetta qualsiasi "medicina" gli venga somministrata pur di anestetizzarsi da queste paure indotte dall'esterno; l'Uomo perde la consapevolezza di se stesso, e quindi non riconoscendo la propria identità, non riesce a reagire, diventa una pedina in mano ad un sistema che se ne serve solo per prolungare la propria egemonia di potere.
La pratica delle arti marziali tradizionali, dunque, potrebbe aiutare l'Uomo a distruggere le proprie prigioni mentali e a fargli ritrovare la fiducia e il coraggio persi, cosa che gli permetterebbe di riottenere il controllo della propria esistenza e di riscoprirne il significato, e forse rendere la sua Vita una vera e propria opera d'arte.



giovedì 25 settembre 2014

Tempo di riorganizzazione

Bene. Vi ho lasciati scrivendo che ciò che adesso conta maggiormente è quello che sono ora e quello che scriverò da ora in poi. Beh, quello che sono ora mi sta comunicando che è arrivato il momento di dare una svolta alla struttura del blog, e quello che scriverò da ora in poi saranno post dedicati principalmente alla mia visione del Gong Fu, e delle arti marziali in generale. Ho deciso questo perché credo che le mie conoscenze in questo settore abbiano raggiunto un buon livello, tale da poter iniziare a condividere tali conoscenze con gli interessati e curiosi, in quanto oggi c'è molta disinformazione e, ahimè, ignoranza sul reale significato delle arti marziali tradizionali, soprattutto quelle orientali. Molti pensano, infatti, che queste siano solo brutali sport da combattimento, o peggio, inutili dimostrazioni di movimenti senza senso e senza alcuna utilità in una situazione di aggressione reale. Appurato, quindi,  che la faccenda è un tantino da approfondire, io cercherò di trasmettere il più possibile la mia esperienza, in continua evoluzione e sotto attenta critica, in modo da portare un po' più di luce in questo mondo strano, abitato da gente che urla e smanaccia al vento.
L'amore per l'arte che pratico da sempre è un tipo di amore che oggi è molto raro da trovare, ovvero quello che ti ricambia tanto quanto gli si dedica, in maniera totalmente DISINTERESSATA. E dato che questo amore mi ha salvato spesso, troppo spesso dal baratro, credo sia giunto il momento di ricambiarlo, donando alla "mia Arte" il suo giusto posto nel mondo che sta al di là di questo mio mondo, il luogo natale dove tutto ebbe inizio....Per troppo tempo ho dato adito, anche egoisticamente, alle mie elucubrazioni mentali, rendendole il principale leitmotiv del blog. Ora è arrivato il momento di rendermi un po' più "professionale" (che brutta parola!), e dare a ciò che rappresenta la mia vita la sua meritata promozione in serie A.
"E i suoi lunghi, prolissi, noiosi post sulle sue sfighe e delusioni, che fine faranno adesso?" vi chiederete! "Saremo finalmente liberi dal deprimerci nel leggerli!" esclamerete! Spiacenti di deludervi, ma continuerò a pubblicare le mie autoanalisi freudiane su una pagina appositamente creata per queste, etichettata "Diario".
In questo caso, chi sarà interessato alla mia incessante lotta per far pace con la vita, potrà clikkare sull'etichetta su menzionata, accedere alla pagina e voilà! Psicoanalisi immuno-depressiva (non so neanche se ha un significato questo insieme di parole, ma mi piaceva il suono che fanno accostate insieme) a portata di clik! Altrimenti potrete benissimo continuare a navigare tra i contenuti principali del mio blog, attinenti all'esotico mondo delle arti marziali.....Ah, già che ci sono, una piccola lezione in anticipo. Per arti marziali non si devono intendere solo quelle orientali, in quanto non è che gli orientali erano guerrafondai, e tutti gli altri erano figli dei fiori....Ci siamo capiti. Le arti marziali, quindi, sono nate in tutte quelle aree del mondo dove era venuta a crearsi l'esigenza di difendersi e difendere i propri possedimenti, in primissima istanza. Dopo è venuta l'arte bellica, ma questa storia la riservo per qualche post a venire.
Have a good day.

mercoledì 24 settembre 2014

Il ritorno del figliol prodigo...


Ebbene si. Nella famosa parabola il figliol prodigo torna dal padre, con tutto lo stupore e la gioia di quest'ultimo; allo stesso modo io ritorno al blog e a voi lettori, anche se non so se con più vostro stupore o vostra gioia...
Così come nella parabola il figlio, ad un certo punto della sua vita, pretende parte dell'eredità del padre quando costui è ancora in vita, io ho preso una parte della nascente attenzione che avevate iniziato a riporre nel mio blog, senza più ricambiarla.
A differenza del figliol prodigo, che poi ha sperperato tutta la fortuna che aveva acquisito, io ho presto messo da parte la soddisfazione derivante dalla vostra attenzione, per dedicarmi alla risoluzione di alcune problematiche esistenziali che si sono abbattute nella mia vita e mi hanno allontanato dalla cura del blog.
Dopo aver vissuto questo travaglio interiore, così come è successo al figliol prodigo dopo aver riconosciuto ed ammesso i suoi sbagli, sono tornato alla mia origine, ovvero quello per cui mi avete conosciuto, quello grazie al quale, in un certo senso, sono venuto al mondo, il mondo delle vostre coscienze: il blog, per l'appunto. Ora, non so se tornerò ad essere figliol prodigo nel prossimo futuro, ma certamente posso affermare che il recente passato ha reso il mio attuale presente una realtà un po' più serena e gratificante da vivere, dunque, per me più propensa per tornare a raccontare riflessioni ed esperienze che vivo qui al Retreat Center.
Vorrei scusarmi per il mio allontanamento, con coloro che mi hanno amato, e per il mio ritorno, con coloro che mi hanno odiato.

L'ultimo post che ho pubblicato era intitolato "Cibo e consapevolezza". In quanto a cibo, ho dato parecchi grattacapi alla mia dieta. Per quanto riguarda la mia consapevolezza attuale, beh, questa starà a voi giudicarla.
Riassumendo molto brevemente il contenuto di tutti i post che avrei dovuto pubblicare riguardo le mie vicissitudini alimentari, posso affermare con fierezza che sono stato onnivoro, poi vegetariano, vegano, e nuovamente onnivoro!
Per quanto riguarda "il mio sistema operativo mentale", invece, sono stato tutto e il contrario di tutto. Mi sono arrabbiato, e sono stato sereno, ho pianto e sorriso, ho odiato ed amato. Ho riscoperto tutti questi sentimenti ed emozioni sotto una nuova veste, una veste più sottile di quelle precedenti, quasi imperscrutabile. Ne ho scoperto degli aspetti più celati, più profondi, meno visibili, aspetti altrimenti impercettibili se non fossero stati resi manifesti da eventi pregni di significato ed intensità.
Mi dispiace per i più curiosi, ma non starò adesso a riportare tutte le esperienze che mi hanno scombussolato e fatto maturare rispetto a prima. Non sento la necessità di descrivere tali esperienze, in quanto l'aver nuotato con grande fatica in quel lago di fango per un anno intero mi è bastato, e non intendo riportare a galla tutte le emozioni dolorose che ho lasciato affondare in quel acquitrino melmoso. Ciò che importa è quello che sono adesso, e quindi ciò che scriverò da ora in poi, salvo altre intemperie mentali ed emotive...